RECENSIONI
Ogni passione spenta di Vita Sackville-West
All’età di novantaquattro anni Lord Slane, influente politico inglese, “se n’era andato per davvero, stavolta, definitivamente e irrimediabilmente” e la sua vedova Lady Slane può finalmente riandare con la mente “brulicante di pensieri che avrebbero grandemente sorpreso i suoi figli” ai settant’anni di vita matrimoniale. Non solo: libera dalle aspettative altrui, decide di riprendere in mano il corso della sua esistenza, trasferendosi in una piccola casa vicino a Londra e coltivando amicizie e abitudini inconsuete rispetto al precedente stile di vita.
Bellissima vecchia Lady Slane, molto british dei tempi gloriosi, delicata e inossidabile a un tempo! La Sackville-West con un romanzo e un personaggio indimenticabili fa riflettere sul ruolo delle donne nella società, sugli obblighi della femminilità, sulla vecchiaia.
Insieme a Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf e al più recente Da qualche parte verso la fine di Diana Athill, Ogni passione spenta è la fonte alla quale attingo forza d'animo e lucidità d'intenti per tenere saldo il timone di un’esistenza declinata al femminile che sappia rinunciare alla debolezza quale strumento di sopraffazione.
Letty Fox di Christina Stead
Who’s Letty Fox? Protagonista ventenne del romanzo omonimo dell’australiana Christina Stead, è una stordita del secolo scorso assurdamente attuale, mente acuta che il più delle volte s'avvita su se stessa, promiscua in (s)ragione della sua frenesia sessuale.
Darle torto? E’ impossibile, avrà sempre le sue ragioni da elencare, anche quando "pensa" al suicidio e il momento dopo a più riprese e fino all'ultima pagina afferma "Forse è solo che a me piace vivere. Di certo mi espongo alla vita; la lascio entrare."
Letty Fox ha nelle sue pieghe altri personaggi letterari, Emma Bovary per citarne una a caso ma anche l'Holden che deve ancora nascere, e quelli di cui ho avvertito la presenza ma che non ho fatto a tempo a trattenere in memoria, impaziente di andare avanti, sempre.
Dopo le prime cento pagine, guardando piacevolmente sgomenta alle restanti seicento, mi dicevo "che cos'avrà la giovane Letty da raccontare ancora?" intuivo già che avrebbe girato a vuoto, imitando meravigliosamente il non senso della vita e delle storie che raccontiamo a noi stessi e agli altri. Da leggere…e non per il lieto fine: finalmente sposa, Letty vivrà felice e contenta?
Jane Eyre di Charlotte Brontë
Di Jane Eyre avevo ricordi di lettura sbiaditi e presi a prestito, che lo collocavano tra i romanzi melodrammatici d’Ottocento dotati di figura d’eroina nei secoli inossidabile: Jane è l’istitutrice che s’innamora dell’aristocratico datore di lavoro, tal Rochester, e che, dopo molti equivoci e colpi di scena, si sposa con lui. Anzi, per dirla con la sua forza: “Lettore, lo sposai”.
Oggi a una nuova lettura, potrei affermare che la cifra che caratterizza la protagonista e che lei rivendica per sé è l'inquietudine, quell'impulso vitale che l'anima fin da bambina, che non viene meno da sposa e madre, lasciando un finale aperto e solo in apparenza romantico. Jane è orfana e bruttina, e lo sa, non le interessa neppure essere intelligente di quell'intelligenza che le riconoscono gli altri, è invece decisa a rimanere fedele a se stessa, è risoluta fin dalle prime pagine a tenere sgombra la sua vita da pensieri ed emozioni di cui non può rispondere in prima persona. Jane - un elfo come l’apostrofa schiettamente Rochester – è un personaggio che erra nel duplice significato del termine: nel suo movimento osserva e impara a maneggiare per prove ed errori categorie quali femminilità e intelligenza, le indossa assieme a quelle di ricchezza e classe. Rifiuta solo la povertà perché sa per esperienza che i morsi della fame sono i peggiori.
La Brontë dà un respiro tale al suo romanzo che, dosando con maestria gli elementi che dettano il ritmo, coltiva con pazienza infinita la mia capacità di osservazione interiore attraverso Jane. I capitoli, pagine e pagine, in cui la giovane donna si lascia quasi morire nella desolata brughiera e per lungo tempo poi si dedicherà a vita semplice di sorellanza, sono di una bellezza struggente. Jane è la bellezza rappresentata dal movimento.
Ragazze di campagna di Edna O'Brien
Scritto in pochi mesi da Edna O’Brien - nata nel 1930 e considerata la più grande scrittrice irlandese vivente - autobiografico e narrato in prima persona, Ragazze di campagna è una storia di formazione ambientata nell’Irlanda cattolica intorno alla metà del Novecento.
Protagonista è la giovane Caithleen. In un villaggio della campagna irlandese Caithleen cresce con la madre, una donna affettuosa e gentile, e un padre-padrone alcolista e assente. La sua migliore amica è Baba, l’arrogante e spudorata figlia del veterinario. Dopo la morte della madre in un tragico incidente, Caithleen va a vivere a casa di Baba fino alla partenza per il collegio. Lì, insofferenti alle rigide regole delle suore, le due giovani escogitano una trovata per farsi espellere. Così, ancora ragazze, arrivano a Dublino in cerca di fortuna, convinte di poter conquistare il mondo.
Ecco le parole di Caithleen, fresche e intrise di quieto entusiasmo: “Ero felice. Era tutto finito e noi camminavamo lungo il marciapiede, sotto gli alberi, all'una di notte. Il giorno seguente era domenica, quindi potevo dormire fino a tardi. Accennai qualche passo di danza, perché ero davvero contenta e il pomodoro era buono e la mia vita era appena incominciata.”
Al cuore del romanzo vi è il tema della sessualità femminile intesa come emancipazione da un modello di donna, madre e moglie sottomessa, che è costato il rogo del libro sul sagrato delle chiese della cattolica e bigotta Irlanda e anni di terapia alla sua allora giovane autrice.
Ragazze di campagna ha la capacità di suscitare interrogativi, di lasciare cose in sospeso, come il finale che non c’è. Ho apprezzato la scrittura, efficace nella descrizione della natura irlandese, dei suoi particolari che richiamano gli stati d’animo della protagonista.